Nullità per superamento del limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, TUB
Nel rinviare all’articolo CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA DEL 09-02-2022 N. 4117 e all’articolo CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA DEL 08-03-2022 N. 7509, la Corte di Appello di Milano con la sentenza del 05/04/2022 n. 1149 ha riconosciuto ex officio la nullità per superamento del limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, TUB.
In primis, nelle motivazioni della sentenza n. 1149/2022 della Corte di Appello di Milano si legge che “nel caso di specie, non può ritenersi che, introducendo l’eccezione di nullità del contratto di finanziamento per superamento del limite di finanziabilità, Residenza sia incorsa in una inammissibile mutatio libelli. L’opponente, infatti, ha valorizzato, in corso di causa, un diverso profilo di nullità del contratto costituente titolo esecutivo, in aggiunta a quello già sollevato e riguardante la dedotta usurarietà degli interessi corrispettivi e moratori previsti in sede negoziale. Come chiarito dalla Suprema Corte, “il giudice, innanzi al quale sia proposta una domanda di accertamento della nullità negoziale, può rilevare ex officio l’esistenza di una qualsiasi causa di nullità, ancorché diversa da quella originariamente dedotta dalla parte con la domanda introduttiva”(C. Sez. Un., n. 26242/2014). Ne deriva il potere-dovere dell’organo giudicante di rilevare d’ufficio la questione di nullità e di deciderla con efficacia di giudicato, senza di incorrere nel vizio di ultrapetizione, poiché tale questione è già immanente all’oggetto originario della domanda dal momento che l’azione di nullità non si identifica con il singolo motivo fatto valere dall’attore, perché si tratta di una domanda autodeterminata che, come tale, è individuata dal petitum, mentre il mutamento della causa petendi (qui consistente nel far valere nuove ragioni di nullità) non vale a mutarne i connotati essenziali. Sul punto si è espressa la giurisprudenza affermando il principio che questa Corte condivide secondo cui “Il giudice davanti al quale sia stata dedotta (o eccepita) una nullità contrattuale deve rilevare d’ufficio l’esistenza di cause di nullità diverse da quelle prospettate dalla parte perché l’accertamento della nullità afferisce ad un diritto autodeterminato e ciò implica che un eventuale profilo diverso di nullità, indipendentemente dalla sua specifica deduzione, deve poter essere comunque esaminato” (Cass. n. 15408/2016).”
Quanto al superamento del limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, TUB, nelle motivazioni della sentenza n. 1149/2022 della Corte di Appello di Milano si legge che “occorre evidenziare che il mutuo o credito fondiario è una speciale tipologia di finanziamento a medio/lungo termine che mira a soddisfare finalità sociali non derogabili dalla autonomia contrattuale delle parti, al fine di giungere alla realizzazione di molteplici interessi pubblici, tra cui l’esigenza di recuperare le somme erogate nel più breve tempo possibile, consentire il rispetto integrale del contratto anche dopo la risoluzione dello stesso riconoscendo il diritto potestativo al terzo che partecipa alla vendita forzata di subentrare nel contratto risolto senza l’autorizzazione del giudice ed il consenso del creditore (cfr. art. 41, comma 5 T.U.B.), e tutelare il debitore da eventuali rischi espoliativi. Pertanto tale forma di mutuo viene garantita da ipoteca di primo grado sull’immobile. L’ipoteca potrà essere concessa solo se l’immobile è capiente, ossia possa garantire la restituzione della somma erogata, degli interessi e delle spese di procedura. In caso di fallimento del mutuatario, essendo il credito bancario garantito da ipoteca, la banca in sede di riparto ha facoltà di soddisfarsi in via privilegiata. La normativa di riferimento è la seguente: – Il CICR con la delibera del 1995 ha stabilito che “l’ammontare massimo del finanziamento di credito fondiario è pari all’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi”; – il comma 2 dell’art. 38 T.U.B. prevede: “La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”. La disposizione è volta a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione dell’immobile e agevolare e sostenere l’attività d’impresa. Quindi, tale limite di finanziabilità fissato per legge è pari all’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, e può giungere al 100% solo qualora vengano prestate determinate garanzie integrative a quella ipotecaria di primo grado individuate dalla delibera CICR di attuazione del 22.04.1995 in attuazione dell’art. 38 T.U.B. in: “fideiussioni bancarie, polizze fideiussorie di compagnie di assicurazione, garanzia rilasciata da fondi pubblici di garanzia o da consorzi e cooperative di garanzia fidi, cessioni di crediti verso lo Stato, cessioni di annualità o di contributi a carico dello Stato o di enti pubblici, pegno su titoli di Stato”. Il limite di finanziabilità costituisce tratto distintivo del contratto di mutuo fondiario e rientra tra i requisiti ed elementi essenziali di tale contratto, la cui mancanza è suscettibile di determinare la nullità del contratto, per violazione di un limite inderogabile posto dall’autonomia privata a tutela di un interesse pubblico.
È derivato che per la normativa comunitaria e nazionale, ai fini del calcolo del credito massimo concedibile nelle operazioni di credito fondiario e dell’eventuale valutazione del superamento del limite di finanziabilità, il valore su cui fare riferimento non è il prezzo pattuito tra le parti, valore commerciale (speculativo) o di mercato dell’immobile da ipotecare, bensì, in linea di continuità con la previgente disciplina di cui alla L n. 474/49 in materia di credito edilizio e con la direttiva 2000/12/CE, è il valore cauzionale effettivo del bene, Mortgage Lending Value (MLV), ossia l’importo ricavabile dal netto realizzo in asta dell’immobile ipotecato, ovvero il valore che sia frutto di una stima basata sul “prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile”, calcolato tenendo conto degli aspetti durevoli a lungo termine e delle condizioni del mercato, dell’uso corrente e dei suoi appropriati usi alternativi, ed inteso nella prospettiva futura dell’eventuale inadempimento del cliente e della conseguente necessità di realizzo forzoso del contratto da parte della banca. Tale valore deve bastare ad assicurare in modo certo e sicuro la restituzione del capitale, degli interessi e delle spese di procedura; in questa prospettiva il reddito del mutuatario acquista ruolo assolutamente secondario. A tale proposito è necessario ispirarsi alla normativa comunitaria in materia, direttive 1998/32/CE del 22 giugno 1998, 2013/575/CE del 26 dicembre 2013 comprese le altre direttive su menzionate, insieme alle circolari
della Banca d’Italia n. 263 del 27 dicembre 2006, e n. 285 del 17 dicembre 2013, nonché le linee guida dell’ABI sulle valutazioni immobiliari del maggio 2011 che, in conformità alle deliberazioni del CICR, ne determina il limite di erogazione partendo da un raffronto tra il valore del bene ipotecato e l’ammontare del capitale finanziato. … (…) … Conseguentemente, rilevato che, al momento della sottoscrizione del contratto di mutuo, il valore complessivo del bene immobile secondo il criterio cd “MORTAGE LENDING VALUE” era di €. 5.863.167,00, secondo il criterio del “VALORE CAUZIONALE” era di €. 2.495.000,00 e, ad abundantiam, secondo il VALORE DI MERCATO era di €. 6.514.630,00, non può che condivedersi la conclusione del Tribunale secondo cui il finanziamento erogato per €. 7.000.000,00 abbia ecceduto il limite di cui all’art. 38 TUB, con conseguente dell’intero contratto.”
Ottimo bravi