Si rinvia all’articolo IL TASSO DI MORA APPLICABILE EX ART. 1224 C.C. IN CASO DI RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI FINANZIAMENTO RATEALE e all’articolo INTERESSI LEGALI MAGGIORATI AI SENSI DELL’ART. 1284, COMMA 4, C.C. (C.D. INTERESSE COMMERCIALE EX D.LGS. 231/2002).
Criteri di determinazione del Tasso di Mora e dell’Importo della Mora ex art. 1224 c.c.
Le conseguenze per il mutuatario della risoluzione del rapporto di mutuo derivante dall’esercizio della condizione risolutiva da parte della banca mutuante (Fonte: Guida al diritto 2021, 49-50)
In tema di mutuo fondiario, l’esercizio, da parte dell’Istituto di credito mutuante, della condizione risolutiva prevista dall’articolo 15 del Dpr 7/1976 (applicabile nella fattispecie ratione temporis) nell’ipotesi di inadempimento del mutuatario, determina la risoluzione del rapporto di mutuo, con la conseguenza che il mutuatario deve provvedere, oltre al pagamento integrale delle rate già scadute (non travolte dalla risoluzione, che non opera retroattivamente nei contratti di durata, quali il mutuo) alla immediata restituzione della quota di capitale ancora dovuta, ma non al pagamento degli interessi conglobati nelle semestralità a scadere, dovendosi invece calcolare, sul credito così determinato, gli interessi di mora a un tasso corrispondente a quello contrattualmente pattuito, se superiore al tasso legale, secondo quanto previsto dall’articolo 1224, comma 1, del c.c.
Si applica il tasso legale per il calcolo degli interessi di mora successivi alla risoluzione del contratto per inadempimento in assenza di un prestabilito tasso da applicare (Fonte: Guida al diritto 2021, 49-50)
In difetto di prova certa in merito al saggio di interesse moratorio convenzionale applicabile al rapporto di durata prima della mora, o di accordo delle parti sull’applicazione, per il periodo successivo, di un saggio di interesse moratorio convenzionale superiore al tasso legale, detto interesse va calcolato, a decorrere dalla mora (e dunque, ove questa non sia avvenuta prima, dalla risoluzione del rapporto) e sino al saldo, nella misura corrispondente al tasso legale, senza possibilità di applicare, in assenza di specifico accordo tra le parti, un tasso convenzionale fisso in luogo di quello, variabile, pattuito dalle parti.
L’art. 1224 c.c. rubricato “Danni nelle obbligazioni pecuniarie” al comma 1 testualmente recita: “Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente ed anche se il creditore non prova di aver subito alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura (…)”.
L’ordinanza della Cassazione del 08-09-2021 n. 24181 ha per oggetto un MUTUO A TASSO VARIABILE dove la misura del tasso moratorio è legato alla misura del tasso corrispettivo che periodicamente varia.
Nella fattispecie, risolto dall’intermediario per inadempimento del cliente il contratto di MUTUO A TASSO VARIABILE, il precetto intimato per il pagamento veniva opposto con richiesta da parte dell’opponente di rideterminazione del dovuto e di non debenza degli interessi moratori applicati dalla Banca. Espletata una C.T.U., il Tribunale di Lodi rideterminava la somma del precetto e statuiva la debenza degli interessi di mora, dalla notifica del precetto al tasso “legale”. La Corte di Appello di Milano aumentava il saggio degli interessi di mora al 6,75% accogliendo una delle due opzioni ricostruttive del C.T.U. in 1° grado, cioè applicando l’ultimo tasso in vigore prima della risoluzione del rapporto, ovvero l’ultimo tasso corrispettivo all’epoca della risoluzione del rapporto.
L’ordinanza della Cassazione del 08-09-2021 n. 24181 ha ritenuto “arbitraria” la decisione della Corte di Appello di Milano perché non motivata cassando “con rinvio” la sentenza gravata disponendo che il Giudice del rinvio dovrà tener conto che “in difetto di prova certa in merito al saggio di interesse moratorio convenzionale applicabile al rapporto di durata prima della mora, o di accordo delle parti sull’applicazione per il periodo successivo, di un saggio di interesse moratorio convenzionale superiore al tasso legale, detto interesse va calcolato, a decorrere dalla mora (e dunque ove questa non sia avvenuta prima, dalla risoluzione del rapporto) e sino al saldo, nella misura corrispondente al tasso legale, senza possibilità di applicare, in assenza di specifico accordo tra le parti, un tasso convenzionale fisso in luogo di quello, variabile, pattuito dalle parti”.
Infatti, con riferimento all’art. 1224, comma 1, c.c., il Collegio ha ritenuto sia che con l’espressione usata nell’ultimo periodo “prima della mora” “il legislatore abbia inteso fare riferimento a tutto il periodo anteriore alla mora – e, dunque, alla risoluzione del rapporto negoziale – e non solamente al giorno, o alla settimana, o al mese, o all’anno antecedente detto evento (…)” sia che “quando le parti non abbiano espressamente stabilito che, in ipotesi di costituzione in mora del debitore inadempiente, o di risoluzione del contratto per inadempimento del medesimo, si debba applicare al periodo successivo a detti eventi un tasso convenzionale prestabilito, anche da individuarsi nell’ultimo tasso variabile applicabile in base alla regola negoziale, ovvero nella misura del saggio tendenziale risultante dalla media tra tutti i tassi variabili applicati al rapporto, non è possibile fare applicazione dell’art. 1224 c.c. comma 2 (in realtà, comma 1 ultimo periodo) a causa dell’impossibilità pratica di stabilire in che misura fossero stati stabiliti gli interessi convenzionali “prima della mora”. In tali ipotesi, dunque, per il periodo successivo alla risoluzione sono dovuti gli interessi moratori al saggio legale, in applicazione della regola generale di cui all’art. 1224 comma 1 (in realtà, comma 1 primo periodo)”.