L’art. 119 del TESTO UNICO BANCARIO (TUB) vigente regola in via generale le “COMUNICAZIONI PERIODICHE ALLA CLIENTELA” prevedendo espressamente al comma 1 che “Nei contratti di durata i soggetti indicati nell’articolo 115 forniscono al cliente, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente stesso, alla scadenza del contratto e comunque almeno una volta all’anno, una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto. Il CICR indica il contenuto e le modalità della comunicazione” e al comma 4 che “Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione“.
Nelle motivazioni della sentenza della Cassazione Civile del 11/03/2020 n. 6975 si legge che “la norma dell’art. 119, comma 4, TUB – nell’ammettere il diritto del cliente di ottenere dalla banca copia dei documenti di contratto e di esecuzione dei rapporti bancari – NON contempla nessuna limitazione che risulti in un qualche modo attinente alla fase di eventuale svolgimento giudiziale dei rapporti tra cliente e istituto di credito. Né è ipotizzabile ragione che, per un verso o per altro, possa comportare un simile risultato” e che “NON può dunque risultare corretta una soluzione che limiti l’esercizio di questo potere alla fase anteriore all’avvio del giudizio eventualmente intentato dal correntista nei confronti della banca; né tanto meno una soluzione che addirittura pretenda – come appunto ha ritenuto il Tribunale romano – il completo decorso del termine stabilito dalla norma perché la banca consegni la documentazione contrattuale e contabile richiesta dal cliente”. Infatti, per la Corte, “Simili ricostruzioni non risultano solo in netto contrasto con il tenore del testo di legge. Tendono, in realtà, a trasformare uno strumento di protezione del cliente – quale si è visto essere quello in esame – in uno strumento di penalizzazione del medesimo: in via indebita facendo transitare la richiesta di documentazione del cliente dalla figura della libera facoltà a quella, decisamente diversa, del vincolo dell’onere, così pure introducendo un’arbitraria limitazione dell’esercizio del diritto di azione (cfr., in specie, Cass. n. 11554/2017)”.
Si evidenzia un particolare passaggio della sentenza della Cassazione Civile del 11/03/2020 n. 6975: “la disposizione dell’art. 119, si pone tra i più importanti strumenti di tutela che la normativa di trasparenza, quale attualmente stabilita nel testo unico bancario vigente, riconosce ai soggetti che si trovino a intrattenere rapporti con gli intermediari bancari. Con tale norma la legge dà vita a una facoltà non soggetta a restrizioni (diverse, naturalmente, da quelle previste nella stessa disposizione dell’art. 119); e con cui viene a confrontarsi un dovere di protezione in capo all’intermediario, per l’appunto consistente nel fornire degli idonei supporti documentali alla propria clientela, che questo supporto venga a richiedere e ad articolare in modo specifico. Un dovere di protezione che è idoneo a durare pure oltre l’intera durata del rapporto, nel limite dei dieci anni a seguire dalla chiusura dei rapporti interessati (cfr., tra le altre, Cass., 11 maggio 2017, n. 11554; Cass., 15 settembre 2017, n. 21472; Cass., 28 maggio 2018, n. 13277; Cass., 4 dicembre 2019, n. 31649; Cass., 8 febbraio 2019, n. 3875; Cass. 30 ottobre 2019, n. 27769; Cass., 11 aprile 2019, n. 14231; ma su questa linea di base si veda già prima Cass., 12 giugno 2006, n. 11004).
In merito all’ottenimento in corso di esecuzione del rapporto di finanziamento del PIANO DI AMMORTAMENTO, si evidenzia che dopo il recepimento con il D.Lgs. 13 agosto 2010 n. 141 della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai contratti di credito ai consumatori del 23 aprile 2008 n. 48, la Banca d’Italia, con il Provvedimento del 09 febbraio 2011 n. 50863 (in G.U. del 16 febbraio 2011 n. 38), ha modificato le disposizioni di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” stabilendo che “In caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata determinata, il contratto indica, oltre alle informazioni precedentemente elencate, il diritto del consumatore di ricevere in qualsiasi momento del rapporto, su sua richiesta e senza spese, una tabella di ammortamento. La tabella di ammortamento riporta: — gli importi dovuti, le relative scadenze e le condizioni di pagamento; — il piano di ammortamento del capitale, che rappresenta la ripartizione di ciascun rimborso periodico; — gli interessi e gli eventuali costi aggiuntivi; se il tasso non è fisso ovvero se i costi aggiuntivi possono essere modificati nel corso del rapporto, è indicata in modo chiaro e conciso la circostanza che i dati riportati nella tabella sono validi fino alla successiva modifica del tasso di interesse o dei costi aggiuntivi, conformemente a quanto previsto nel contratto”.
Conseguentemente, queste contabili rilasciate dai bancari latu sensu degli intermediari sono idonee a provare sia l’effettivo pagamento delle RATE sia i TASSI effettivamente applicati sia le SPESE effettivamente rimborsate nella fase di esecuzione del contratto di finanziamento rateale.
L’obbligatorietà e la rilevanza giuridica del PIANO DI AMMORTAMENTO consegnato al cliente gratuitamente su sua semplice richiesta in corso di esecuzione del rapporto di finanziamento è stata ribadita dalla sentenza della Corte di Giustizia del 09/11/2016 Causa C-42/15.
In primis, nelle motivazioni della sentenza si evidenziano le norme dell’articolo 10 della Direttiva 2008/48/CE dove si legge che “Nel contratto di credito figurano, in modo chiaro e conciso, le informazioni seguenti: … (…) … in caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata fissa, il diritto del consumatore di ricevere, su sua richiesta e senza spese, in qualsiasi momento dell’intera durata del contratto di credito, un estratto sotto forma di tabella di ammortamento. La tabella di ammortamento indica gli importi dovuti, nonché i periodi e le condizioni di pagamento di tali importi; la tabella contiene la ripartizione di ciascun rimborso periodico per mostrare l’ammortamento del capitale, gli interessi calcolati sulla base del tasso debitore e, se del caso, gli eventuali costi aggiuntivi; qualora il TASSO NON SIA FISSO o i costi aggiuntivi possano essere modificati nell’ambito del contratto di credito, la tabella di ammortamento contiene in modo chiaro e conciso un’indicazione del fatto che i dati della tabella sono validi solo fino alla modifica successiva del tasso debitore o dei costi aggiuntivi conformemente al contratto di credito”.
Secondo la Corte, l’articolo 10, paragrafo 2, lettera i), in combinato con la [stessa disposizione], lettera h), della Direttiva 2008/48 deve “essere interpretato nel senso che il contratto di credito a tempo determinato, in cui il rimborso/ammortamento del capitale prestato avviene con il versamento di singole rate, non deve necessariamente contenere, al momento della stipulazione, l’esatta determinazione della parte di ogni singola rata che è destinata al rimborso del capitale prestato e della parte che è destinata al pagamento di interessi ordinari e oneri (vale a dire, il piano di rateizzazione/ ammortamento dettagliato non deve necessariamente costituire parte integrante del contratto), ma tali dati possono essere contenuti in un piano di rateizzazione/ammortamento, che il creditore presenta al debitore a sua richiesta, oppure nel senso che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera h), garantisce al debitore il diritto supplementare di richiedere un estratto della tabella di ammortamento con riferimento a un giorno precisamente individuato nel corso del periodo di validità del contratto di credito, tuttavia tale diritto non esonera le parti del contratto dall’obbligo di includere già nel contratto stesso la ripartizione delle singole rate programmate (dovute in base al contratto di credito per il periodo della sua durata) tra rimborso del capitale e rimborso di interessi ordinari e spese, e ciò in modo personalizzato per lo specifico contratto di cui trattasi”.
Conseguentemente, anche per la Corte di Giustizia queste contabili rilasciate dai bancari latu sensu degli intermediari sono idonee a provare sia l’effettivo pagamento delle RATE sia i TASSI effettivamente applicati sia le SPESE effettivamente rimborsate nella fase di esecuzione del contratto di finanziamento rateale.