Nel rinviare sia alle pubblicazioni del 28 ottobre 2022 e del 11 novembre 2022 sotto evidenziate per una ESAUSTIVA spiegazione matematica, empirica e giuridica sia all’articolo È INEQUIVOCABILE CHE L’ART. 821 C.C. PRESCRIVE L’UTILIZZO DELLA FORMULA DEL PRINCIPIO DI EQUITÀ DEL REGIME SEMPLICE DELLA RATA COSTANTE POSTICIPATA del 21 marzo 2020 sia all’articolo CASSAZIONE CIVILE, SENTENZE ARTICOLO 821, COMMA 3, C.C. del 23 marzo 2020, in merito alla CONSUMAZIONE del delitto di USURA nella forma in “CONCRETO” ex art. 644, comma 3, secondo periodo, c.p., la commissione del reato richiede la contestuale esistenza sia della componente soggettiva della DIFFICOLTÀ ECONOMICA o FINANZIARIA sia della componente oggettiva della SPROPORZIONE.
In generale, seguendo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen. Sez. Fer. del 19/08/2010 n. 32362, Cass. Pen. Sez. II del 04/11/2009 n. 114 e Cass. Pen. Sez. II del 25/03/2014 n. 18778), il concetto di SPROPORZIONE tra “la prestazione dell’usuraio e gli interessi (o altri vantaggi o compensi) corrisposti dalla vittima” assume un ruolo decisivo per individuare l’ambito applicativo della fattispecie dell’USURA nella forma in “CONCRETO”: nel tentativo di offrire all’interprete parametri idonei ad individuare con maggiore certezza l’USURARIETÀ della convenzione economica, il legislatore ha previsto i due parametri di riferimento del “tasso medio praticato per operazioni similari” e delle “concrete modalità del fatto”.
In primis, occorre premettere che la sussistenza della componente soggettiva “della condizione di DIFFICOLTÀ ECONOMICA o FINANZIARIA” della persona offesa del delitto vale indistintamente per qualsiasi verifica dell’USURARIETÀ nella forma in “CONCRETO”, cioè sia per quella strettamente connessa al TASSO CORRISPETTIVO che non tiene conto dei COSTI inerenti alla FASE PATOLOGICA del negozio giuridico sia per quella strettamente connessa al TASSO MORATORIO che non tiene conto dei COSTI inerenti alla FASE FISIOLOGICA della convenzione: conseguentemente, una volta accertata e provata tale componente soggettiva per una delle due verifiche, la stessa vale anche per l’altra.
Quanto alla DIFFICOLTÀ ECONOMICA che la Cassazione ha definito “una carenza, anche solo momentanea, di liquidità, a fronte di una condizione patrimoniale di base nel complesso sana”, è indubitabile che queste due condizione del finanziato ricorrano nella totalità dei casi di chi richiede un FINANZIAMENTO RATEALE. Preliminarmente, dato che il concetto di “carenza, anche solo momentanea, di liquidità” non ha bisogno di delucidazioni per la sua ovvietà, tale condizione è sempre sussistente per chi richiede un PRESTITO RATEALE, in particolar modo per chi ha bisogno di una consistente somma per acquistare o ristrutturare un immobile, perché se il finanziato avesse del proprio denaro liquido a sufficienza, utilizzerebbe questo anziché farsi prestare una somma su cui si devono pagare degli interessi corrispettivi. In merito alla definizione di “una condizione patrimoniale di base nel complesso sana”, le procedure informatiche standardizzate degli intermediari predisposte per valutare il MERITO CREDITIZIO[1] di chi richiede denaro considerano sostanzialmente sussistente questa condizione quando il richiedente il prestito ha risparmi in essere[2] ed ha immobili di proprietà non gravati da ipoteche per altri finanziamenti in essere[3]. Poi, occorre evidenziare che la procedura computerizzata standardizzata prevede una risposta negativa all’erogazione tutte le volte che il cliente, in base al proprio reddito e al proprio patrimonio, non assicura con ragionevole certezza il rimborso delle rate e, questa condizione, si determina sempre quando il finanziato ha delle insoddisfacenti entrate reddituali nonostante “una condizione patrimoniale di base nel complesso sana”. Analogamente, una “carenza, anche solo momentanea, di liquidità” accompagnata da una valutazione congrua del reddito da parte del metodo di analisi standardizzato non è sufficiente per ottenere la concessione del prestito se sussiste un patrimonio NON sano, condizione che per la giurisprudenza di legittimità contraddistingue la DIFFICOLTÀ FINANZIARIA. Conseguentemente, l’intermediario concede sempre il prestito quando la procedura informatica standardizzata valuta soddisfacenti le entrate redditualie costata che sussiste “una condizione patrimoniale di base nel complesso sana”: in altre parole, il BANCARIO latu sensu quando decide di erogare il finanziamento ha sempre la consapevolezza dell’esistenza delle due condizioni richieste dalla Cassazione per la DIFFICOLTÀ ECONOMICA.
Quanto alla DIFFICOLTÀ FINANZIARIA definita dalla giurisprudenza di legittimità come una situazione che riguarda “l’insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo … (…) … caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni“, si tratta di una condizione del finanziato più grave perché l’insufficienza riguarda “l’insieme” sia del patrimonio (“beni“) sia del reddito (“risorse“). Pure in questa eventualità, le procedure informatiche standardizzate degli intermediari predisposte per valutare il MERITO CREDITIZIO di chi richiede un prestito prevedono una risposta negativa all’erogazione tutte le volte che il cliente, in base al proprio reddito e al proprio patrimonio, non assicura con ragionevole certezza il rimborso delle rate e, questa eventualità, si determina sia quando il finanziato NON ha “una condizione patrimoniale di base nel complesso sana” perché il suo patrimonio è caratterizzato da una NON congrua “carenza” sia quando le sue entrate reddituali sono insoddisfacenti. Conseguentemente, se il patrimonio e il reddito sono giudicati congrui dalla procedura computerizzata, la concessione del prestito da parte dell’intermediario si concretizza perché c’è “una condizione patrimoniale di base nel complesso sana” e, quindi, la carenza di liquidità è collegata ad una DIFFICOLTÀ ECONOMICA e non ad una DIFFICOLTÀ FINANZIARIA. Pertanto, le procedure informatiche standardizzate degli intermediari predisposte per valutare il MERITO CREDITIZIO, da una parte, indiscutibilmente valutano le “condizioni di DIFFICOLTÀ ECONOMICA o FINANZIARIA” della vittima (che integrano la materialità del reato) … (…) … in senso oggettivo, ovvero valorizzando parametri desunti dal mercato” perché ogni intermediario ha previsto una procedura computerizzata che prevede degli INDICI DI SOLVIBILITÀ standardizzati sia del reddito che del patrimonio e, dall’altra, fornendo al BANCARIO latu sensu tutte le informazioni oggettive sulle effettive “condizioni di DIFFICOLTÀ ECONOMICA o FINANZIARIA“, permettono allo stesso di approfittare di “una posizione dell’interessato che ne elimina o comunque ne limita la volontà e lo induce a contrattare in condizioni di inferiorità psichica, tali da viziarne il consenso” perché il truffaldino ANATOCISMO PRIMARIO e SECONDARIO del TASSO CORRISPETTIVO e il COSTO EFFETTIVO inerente alla SOLO FASE PATOLOGICA calcolato con l’illegale RATA individuata con il vietato PRINCIPIO DI EQUITÀ del REGIME COMPOSTO configurano il “ricorso ad un prestito a condizioni estremamente inique” che fornisce “la prova della DIFFICOLTÀ ECONOMICA o FINANZIARIA”.
La componente oggettiva della SPROPORZIONE deve essere valutata avendo riguardo “alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari”. Quanto a questo ultimo requisito, il TASSO MEDIO PRATICATO PER OPERAZIONI SIMILARI dei PRESTITI RATEALI non è altro che il valore oggettivo di uno dei TEGM rilevati trimestralmente per le varie “ALTRE CATEGORIE DI OPERAZIONI” o per le “CAT. 3, CAT. 4, CAT. 6, CAT. 7, CAT. 8, CAT. 9B, CAT. 10 e OPERAZIONI rientranti nelle categorie di cui al punto a) che prevedono il rimborso del prestito con un piano di rientro predefinito”, cioè il TEGM vigente alla data di sottoscrizione del contratto di quella specifica CATEGORIA DI OPERAZIONE prevista dall’Istituto di Vigilanza applicabile alla convenzione oggetto di verifica. Infatti, nonostante questi TEGM hanno delle percentuali taroccate al rialzo per la dolosa non considerazione del COSTO illecito della TENTATA TRUFFA EFFETTIVA del TASSO CORRISPETTIVO (si rinvia all’articolo LA VIOLAZIONE SISTEMATICA DELL’ART. 821, COMMA 3, C.C. DETERMINA IL TAROCCAMENTO AL RIALZO DEI TEGM E DEI TSU DEI FINANZIAMENTI RATEALI), tali valori possono essere ugualmente utilizzati come parametro FLOOR della verifica dell’USURARIETÀ in “CONCRETO”. Conseguentemente, il margine d’oscillazione entro il quale si colloca la SPROPORZIONE penalmente rilevante è fra il valore del TEGMe quello del TSU “LEGALE” conseguente all’applicazione dell’automatismo previsto dalla Legge 108/1996 vigente alla data di sottoscrizione del contratto.
La componente oggettiva della SPROPORZIONE deve essere valutata avendo riguardo anche “alle concrete modalità del fatto”. Assumono particolare rilievo oggettivo le seguenti circostanze fattuali nella verifica dell’USURARIETÀ in “CONCRETO” strettamente connessa al TASSO CORRISPETTIVO che non tiene conto dei COSTI inerenti alla FASE PATOLOGICA del negozio giuridico: 1) Dato che il BANCARIO latu sensu ha completa rappresentazione dei fatti che costituiscono i due reati, cioè i delitti autonomi di TENTATA e CONSUMATA TRUFFA per la previsione pattizia dell’applicazione del PRINCIPIO DI EQUITÀ del REGIME COMPOSTO in violazione dell’art. 821, comma 3, c.c. che proibisce l’ANATOCISMO di tipo GENETICO e la CONSUMAZIONE del delitto di USURA e, quindi, è indubitabile la sua CONSAPEVOLEZZA dell’aggravante SOGGETTIVA della connessione ex art. 61, numero 2, c.p., l’importo dell’ANATOCISMO PRIMARIO e SECONDARIO del TASSO CORRISPETTIVO qualificabile come COSTO EFFETTIVO illecito ex art. 644, comma 4, c.p. evidenzia una concreta “modalità del fatto”; 2) Dato che il BANCARIO latu sensu spesso omette di considerare ai fini della verifica dell’USURARIETÀ alcuni COSTI EFFETTIVI leciti collegati all’erogazione del credito ex art. 644, comma 4, c.p., l’importo di questi COSTI EFFETTIVI evidenzia una concreta “modalità del fatto”. In considerazione che la Cassazione ha stabilito di lasciare “all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito” la valutazione della sussistenza della SPROPORZIONE nell’USURA nella forma in “CONCRETO” ex art. 644, comma 3, secondo periodo, c.p., tale giudizio è sicuramente più attendibile se utilizza il parametro oggettivo del criterio offerto dall’art. 1448, comma 2, c.c., che prevede la possibilità di rescissione del contratto a prestazioni corrispettive nel caso in cui la lesione al tempo del contratto superi la metà del valore della prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata. Il ricorso a questo parametro trova la sua motivazione nella circostanza che la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che lo “stato di bisogno di una parte” ex art. 1448, comma 1, c.c., “non coincide con l’ASSOLUTA INDIGENZA o con una PRESSANTE ESIGENZA DI DENARO, ma deve tuttavia intendersi come ricorrenza, anche se contingente, di una situazione di DIFFICOLTÀ ECONOMICA riflettentesi non solo sulla situazione psicologica del contraente di modo da indurlo ad una meno avveduta cautela derivante da una minorata libertà di contrattazione, ma anche sul suo patrimonio, sì da determinare, in rapporto di causa ed effetto, una situazione di lesione ingiusta del medesimo in conseguenza della sproporzione tra la prestazione eseguita e quella ottenuta” (sentenza della Cassazione Civile del 15/02/2007 n. 3388) e che “per stabilire se risultino integrati gli estremi della lesione nella compravendita di un immobile occorre, da un lato, far riferimento al valore che esso presumibilmente avrebbe avuto in una comune contrattazione AL TEMPO DELLA STIPULAZIONE e, dall’altro lato, tener presente che anche una semplice DIFFICOLTÀ ECONOMICA o una contingente CARENZA DI LIQUIDITÀ possono integrare lo stato di bisogno, purché siano in rapporto di causa ed effetto con la determinazione a contrarre, e che non è richiesta la prova di una specifica attività posta in essere dal CONTRAENTE AVVANTAGGIATO allo scopo di promuovere o sollecitare la conclusione del contratto, occorrendo unicamente che, dall’istruzione della causa, emerga una situazione tale da consentire di ritenere, attraverso una motivata valutazione complessiva, che la conoscenza dello stato di bisogno della controparte abbia costituito la spinta psicologica a contrarre” (sentenza della Cassazione Civile del 06/03/2007 n. 5133). Inoltre, secondo la sentenza della Cassazione Civile del 13/02/2009 n. 3646 “L’azione generale di RESCISSIONE PER LESIONE prevista dall’art. 1448 c.c. richiede la simultanea presenza di tre requisiti: l’eccedenza di oltre la metà della prestazione rispetto alla controprestazione, l’esistenza di uno stato di bisogno – inteso non come assoluta indigenza, ma come una situazione di DIFFICOLTÀ ECONOMICA che incida sulla libera determinazione a contrarre e costituisca, quindi, il motivo dell’accettazione della sproporzione tra le prestazioni da parte del contraente danneggiato – e, l’aver, infine, il CONTRAENTE AVVANTAGGIATO tratto profitto dall’altrui stato di bisogno di cui era consapevole”.
Alla luce delle similitudini normative fra la RESCISSIONE PER LESIONE e l’USURA nella forma in “CONCRETO”, l’utilizzo del parametro oggettivo del criterio offerto dall’art. 1448, comma 2, c.c. rende certa l’USURARIETÀ del contratto di FINANZIAMENTO RATEALE sia quella strettamente connessa al TASSO CORRISPETTIVO che non tiene conto dei COSTI inerenti alla FASE PATOLOGICA del negozio giuridico sia quella strettamente connessa al TASSO MORATORIO che non tiene conto dei COSTI inerenti alla FASE FISIOLOGICA della convenzione, quando, da una parte, il TEG FINANZIAMENTO comprensivo della TRUFFA GLOBALE in t_0 e dei COSTI in t_0 e in t_n, cioè l’aliquota che dimostra matematicamente la legale incidenza dell’USURA connessa al solo TASSO CORRISPETTIVO e, dall’altra, il TEG FINANZIAMENTO “COSTO INADEMPIMENTO”, cioè l’aliquota che dimostra matematicamente la legale incidenza dell’USURA connessa al solo TASSO MORATORIO, hanno rispettivamente un valore percentuale superiore alla metà fra quello del TEGM e quello del TSU “LEGALE” conseguente all’applicazione dell’automatismo previsto dalla Legge 108/1996 vigente alla data di sottoscrizione del contratto.
Ad esempio, se il TEGM è pari al 5,39%, il TSU del periodo dal 02/04/1997 al 13/05/2011 è pari al 8,085% (5,39% + 2,695%) perché l’art. 2, comma 4, della Legge del 07/03/1996 n. 108 prevede che “Il limite previsto dal terzo comma dell’art. 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà” mentre dal 14/05/2011 è pari al 10,7375% (5,39% + 1,3475% + 4,00%) perché l’art. 2, comma 4, della Legge del 07/03/1996 n. 108 modificato dal Decreto Legge del 11/05/2011 n. 70 (in G.U. del 13/05/11 n. 110) prevede che “Il limite previsto dal terzo comma dell’art. 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali. La differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali”. Conseguentemente, l’utilizzo del parametro oggettivo di valutazione ex art. 1448, comma 2, c.c. rende certa l’USURA nella forma in “CONCRETO” ex art. 644, comma 3, secondo periodo, c.p. quando nel periodo dal 02/04/1997 al 13/05/2011 l’aliquota supera il 6,7375% [(5,39% + 8,085%) / 2] e quando dal 14/05/2011 la percentuale supera il 8,06375% [(5,39% + 10,7375%) / 2].
Ovviamente, il parametro oggettivo della RESCISSIONE PER LESIONE non esclude a priori che l’USURARIETÀ del contratto in “CONCRETO” sussista anche con una percentuale inferiore alla metà fra quello del TEGM e quello del TSU conseguente all’applicazione dell’automatismo previsto dalla Legge 108/1996 vigente alla data di sottoscrizione del contratto, considerazione che assume maggiore rilevanza a partire dal 14/05/2011 per la vigenza del FLOOR del 4,00%. Infatti, un equo “apprezzamento” della SPROPORZIONE non può non tenere presente che, complice anche la compressione dei tassi CORRISPETTIVI verso il basso (ad esempio, il TEGM dei MUTUI CON GARANZIA IPOTECARIA a TASSO FISSO del periodo dal 01/04/2011 al 30/06/2011 è pari al 4,68% e quello a TASSO FISSO del periodo 01/01/2022 al 31/03/2022 è pari al 1,96%), il FLOOR del 4,00% è particolarmente penalizzante per la parte offesa del reato.
[1] Nella Circolare della Banca d’Italia del 17/12/2013 n. 285 nella versione riformata a settembre 2016 per il recepimento della disciplina sui contratti di CREDITO IMMOBILIARE AI CONSUMATORI si legge nell’“Allegato A – Disposizioni speciali relative a particolari categorie di rischio” che “Nella FASE ISTRUTTORIA, le banche acquisiscono tutta la documentazione necessaria per effettuare un’adeguata valutazione del MERITO DI CREDITO del prenditore, sotto il profilo patrimoniale e reddituale, e una corretta remunerazione del rischio assunto. La documentazione deve consentire di valutare la coerenza tra importo, forma tecnica e progetto finanziato; essa deve inoltre permettere l’individuazione delle caratteristiche e della qualità del prenditore, anche alla luce del complesso delle relazioni intrattenute. Le procedure di sfruttamento delle informazioni devono fornire indicazioni circostanziate sul livello di affidabilità del cliente (ad es., attraverso sistemi di CREDIT SCORING e/o di RATING). Nel caso di erogazione del CREDITO IMMOBILIARE AI CONSUMATORI, le banche svolgono la valutazione del MERITO CREDITIZIO in conformità con quanto previsto dalle Guidelines on credit worthiness assessment del 19 agosto 2015 emanate dall’EBA, oltre che dalle presenti disposizioni. … (…) … Tenuto conto dell’obbligo di non fare eccessivo affidamento sui RATING del credito … (…) … Le banche si dotano, pertanto, di METODOLOGIE INTERNE che consentano una valutazione del rischio di credito derivante da esposizioni nei confronti dei prenditori, titoli, posizioni verso le cartolarizzazioni nonché del rischio di credito a livello di portafoglio … (…) … Le banche, oltre ad analizzare la qualità dei singoli prenditori nell’ambito del processo di gestione del rischio, sono tenute a effettuare, con periodicità almeno annuale, una specifica valutazione della complessiva coerenza dei RATING DELLE ECAI con le VALUTAZIONI ELABORATE IN AUTONOMIA. I risultati dell’esame sono formalizzati in un documento approvato dall’organo con funzione di gestione e portato a conoscenza dell’ORGANO CON FUNZIONE DI SUPERVISIONE STRATEGICA e dell’ORGANO CON FUNZIONE DI CONTROLLO. Ove dall’esame emergano frequenti e significativi disallineamenti fra valutazioni interne ed esterne, copia della citata relazione è trasmessa alla Banca centrale europea o alla Banca d’Italia”.
[2] Nel Paragrafo 10 del Volume II si evidenzia che il valore fisso dello SPREAD è influenzato dalla solvibilità della controparte finanziata, cioè meno è solvibile il cliente, più alto è lo SPREAD. Ad esempio, per i MUTUI lo SPREAD negoziato fra le parti è più basso se i mutuatari possono ricorrere a propri risparmi per coprire autonomamente, senza l’aiuto delle banche o delle finanziarie, oltre il 40% o 50% del valore di acquisto dell’immobile. Infatti, la STRATEGIA DI PRICING che gli intermediari adottano definisce lo SPREAD offerto alla clientela in funzione della percentuale di acquisto dell’immobile che il richiedente va a coprire con i propri risparmi. Se questa percentuale è elevata, il rischio di credito della banca è normalmente più ridotto e lo SPREAD offerto è più basso; se invece la percentuale è in linea con le medie di mercato, lo SPREAD offerto è più alto. Tale strategia favorisce i CLIENTI CON RATING MIGLIORI.
[3] Nella Circolare della Banca d’Italia del 17/12/2013 n. 285 nella versione riformata a settembre 2016 per il recepimento della disciplina sui contratti di CREDITO IMMOBILIARE AI CONSUMATORI nell’“Allegato A – Disposizioni speciali relative a particolari categorie di rischio” c’è un preciso paragrafo rubricato “2.2. Valutazione degli immobili posti a garanzia delle esposizioni” che stabilisce le regole che il BANCARIO latu sensu deve osservare nel caso il FINANZIAMENTO CON RIMBORSO RATEALE è erogato con una garanzia ipotecaria immobiliare.