ABSTRACT
Nel rinviare all’articolo CASSAZIONE, SENTENZA DEL 04-06-2008 N. 14760, non ha nessuna rilevanzagiuridicala circostanza che, secondo il principio di diritto sancito dagli Ermellini nel 2008, ilc.d. TASSO LEASING di un contratto di locazione finanziaria non può essere equiparato alTASSO ANNUO EFFETTIVO (TAE) degli INTERESSI CORRISPETTIVI previsto obbligatoriamente dall’art. 1284, comma 1, c.c.. Infatti, “costituiscono interessi legali non soltanto quelli stabiliti dall’art. 1284 c.c., ma anche qualsiasi interesse che, ancorché in misura diversa, sia imposto da una fonte primaria o secondaria (Cass. 4/03/2012, 1118)”: conseguentemente, da una parte, la CIRCOLARE BANCA D’ITALIA n. 229 del 21 aprile 1999, 9° Aggiornamento del 25 luglio 2003, in vigore dal 01/10/2003 al 02/03/2011 e, dall’altra, il PROTOTIPO FOGLIO INFORMATIVO in vigore dal 10/09/2009 al 31/10/2016 danno rilevanzagiuridicaalla correttezza dell’aliquota delc.d. TASSO LEASING di un contratto di locazione finanziaria e, quindi, la differenza tra il tasso indicato nel contratto da quello effettivamente applicato, non può certo evitare di constatare l’avvenuta violazione dell’art. 117 TUB e la conseguente applicazione della sanzione ivi prevista, non trattandosi di materia in cui sia consentito al giudice di apprezzare discrezionalmente una concreta capacità offensiva.
ARTICOLO
Nel rinviare all’articolo CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA DEL 17-10-2023 N. 28824, La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha affermato un triplice principio di diritto in tema di un LEASING IMMOBILIARE per l’acquisto di un complesso alberghiero sottoscritto in data 07/11/2002, contratto risolto dalla banca BPM in data 13/10/2016.
Indeterminatezza contrattuale del tasso corrispettivo in generale (LEASING)
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha cassato con rinvio la sentenza di Corte d’appello Milano n. 2099/2020 depositata il 19/08/2020 che ha escluso che si applichi al contratto di LEASING IMMOBILIARE sottoscritto in data 07/11/2002 la normativa dell’art. 117 TUB che impone di indicare i criteri di calcolo dell’interesse.
Conseguentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha ribadito per il LEASING IMMOBILIARE il seguente principio di diritto: “In tema di LEASING IMMOBILIARE, la mancata indicazione, nel contratto, del “TASSO LEASING” non determina la violazione dell’art. 117, comma 4, T.U.B. ove lo stesso sia determinabile per relationem, con rinvio a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, obiettivamente individuabili, senza alcun margine di incertezza né di discrezionalità in capo alla società di leasing, dovendosi individuare la ratio della norma nell’esigenza di salvaguardia del cliente sul piano della trasparenza, declinata in senso economico, essendo trasparente il contratto che lascia intuire o prevedere il livello di rischio o di spesa del contratto di durata (Cass. 28824/ 2023).”
Criteri di valutazione ai fini usura degli Interessi Moratori (LEASING)
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha cassato con rinvio la sentenza di Corte d’appello Milano n. 2099/2020 depositata il 19/08/2020 che il contratto di LEASING IMMOBILIARE sottoscritto in data 07/11/2002 ha ritenuto che l’aliquota del TSU per la valutazione degli interessi moratori fosse da aumentare della percentuale del 2,1%. Infatti, gli ermellini hanno sancito che “per il periodo antecedente il 25.3.2003, o meglio per i contratti antecedenti quella data, poiché i decreti ministeriali non hanno rilevato il tasso di mora, mediamente applicato, deve farsi riferimento al TEGM, mentre la maggiorazione del 2,1%, supposta dal giudice di merito, si applica solo ai contratti conclusi dall’1.4.2003, ossia dalla data successiva al primo dei decreti ministeriali che ha rilevato il tasso di mora mediamente applicato ed indicato la maggiorazione“.
Conseguentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha ribadito per il LEASING IMMOBILIARE il seguente principio di diritto: “La disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 2, comma 1, della L. n. 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; ne consegue che, in quest’ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti (Cass. sez. Un. 19597/2020).”
Disciplina applicabile nel Leasing alla Risoluzione Contrattuale avvenuta prima dell’entrata in vigore della Legge n. 124 del 2017
La Legge n. 124/2017 non contiene una disciplina transitoria che disciplini i contratti non esauriti alla data di entrata in vigore del 29/08/2017 della legge stessa. Si pone pertanto la questione – di diritto intertemporale – di stabilire se ed in quale misura gli effetti dei rapporti sorti in un periodo in cui non vi era una previsione normativa volta a disciplinare la RISOLUZIONE DEL CONTRATTO di LEASING PER INADEMPIMENTO dell’utilizzatore siano interessati dalle disposizioni di cui all’art. 1, commi 136 – 140 della Legge n. 124/2017.
Sul punto si è pronunciata la Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 2061 del 28 gennaio 2021. La S.C. ha ritenuto La legge 124/2017 (cosiddetta “legge sulla concorrenza”) non ha effetti retroattivi e trova, quindi, applicazione per i contratti di LEASING FINANZIARIO in cui i presupposti della RISOLUZIONE PER L’INADEMPIMENTO dell’utilizzatore, previsti dal comma 137 in poi, non si siano ancora verificati al momento della sua entrata in vigore del29/08/2017.
Pertanto, «per i contratti risolti in precedenza e rispetto ai quali sia intervenuto il FALLIMENTO dell’utilizzatore soltanto successivamente alla risoluzione contrattuale, rimane valida la distinzione tra LEASING DI GODIMENTO e LEASING TRASLATIVO, dovendo per quest’ultimo social-tipo negoziale applicarsi, in via analogica, la disciplina di cui all’articolo 1526 c.c. e non quella dettata dall’articolo 72- quater L. Fall.». A tale conclusione giungono le sezioni Unite dirimendo il contrasto relativo alla applicabilità dell’articolo 1526 del c.c. ai contratti di leasing risolti prima dell’entrata in vigore della legge n. 124 del 2017 del29/08/2017. Inoltre, secondo la Suprema corte, in base alla disciplina dettata dalla norma codicistica «in caso di FALLIMENTO dell’utilizzatore, il concedente che aspiri a diventare creditore concorrente ha l’onere di formulare una completa domanda di insinuazione al passivo, ex articolo 93 L. Fall., in seno alla quale, invocando ai fini del risarcimento del danno l’applicazione dell’eventuale clausola penale stipulata in suo favore, dovrà offrire al giudice delegato la possibilità di apprezzare se detta penale sia equa ovvero manifestamente eccessiva, a tal riguardo avendo l’onere di indicare la somma esattamente ricavata dalla diversa allocazione del bene oggetto di leasing, ovvero, in mancanza, di allegare alla sua domanda una stima attendibile del valore di mercato del bene medesimo al momento del deposito della stessa».
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024 ha cassato con rinvio la sentenza di Corte d’appello Milano n. 2099/2020 depositata il 19/08/2020 che per il contratto di LEASING IMMOBILIARE, sottoscritto in data 07/11/2002 e risolto dalla banca BPM in data13/10/2016, ha ritenuto NON violato l’articolo 1526 c.c. In particolare, si legge nelle motivazioni degli ermellini che “La ricorrente aveva prospettato ai giudici di merito l’illegittimità della pretesa della Banca di trattenere le rate già corrisposte e di ottenere il pagamento inoltre di quelle da corrispondere, nonostante ciò fosse, per certi versi, previsto da una clausola del contratto (art. 14 delle condizioni generali). La Corte di merito ha replicato che le parti hanno liberamente convenuto il pagamento delle rate scadute e che quella pattuizione è perfettamente lecita, rispondendo ad un interesse del concedente”.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3930 del 13/02/2024, ha stabilito per il contratto di LEASING IMMOBILIARE, sottoscritto in data 07/11/2002 e risolto dalla banca BPM in data13/10/2016, che “Il leasing in questione è di tipo traslativo: la banca ha acquistato l’immobile, lo ha concesso in locazione (prezzo complessivo di oltre 10 milioni) con la possibilità del concessionario di riscattarlo ad un prezzo di 1.5000.000,00 Euro. Il prezzo di riscatto è nettamente inferiore al costo complessivo, e la stessa finalità del leasing è di finanziare l’acquisto dell’immobile. Ne deriva che, essendo il leasing risolto prima della entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, si applica in via analogica l’articolo 1526 c.c. (Cass. sez. Un . 2061 del 2021), con la conseguenza che il giudice deve valutare l’equilibrio delle posizioni in caso di inadempimento (Cass. 10249/2022).In sostanza, il giudice di merito ha errato nel ritenere prevalente la pattuizione contrattuale e comunque del tutto irrilevante la previsione legislativa, dovendosi invece fare applicazione del seguente principio di diritto: “Ai contratti di leasing traslativo risolti anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 124 del 2017, in assenza di una regolazione legislativa, si applica in via analogica la disciplina dell’art. 1526 c.c.; di conseguenza, la clausola che, in ipotesi di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, attribuisce al concedente il diritto di trattenere i canoni pagati ed impone all’utilizzatore di corrispondere quelli scaduti non è, di per sé, affetta da nullità, atteso che l’utilizzatore, una volta pagato il dovuto e restituito il bene, ha diritto di vedersi restituiti i canoni versati corrispondendo l’equo compenso, fermo restando il potere officioso del giudice di ridurre l’indennità ai sensi del secondo comma dell’art. 1526 c.c. in caso di definitiva acquisizione al concedente delle rate corrisposte (Cass. 7367/2023).”