Criteri di valutazione ai fini usura degli Interessi Moratori
Con Ordinanza n. 15505 del 16 maggio 2022, la Corte di Cassazione, torna sul tema della rilevanza degli interessi di mora nel calcolo dell’usura.
Come noto, tale questione ha trovato una sua definizione nel famoso arresto delle CASSAZIONE CIVILE SEZIONI UNITE, SENTENZA DEL 18-09-2020 N. 19597 .
In continuità con la pronuncia delle Sezioni Unite, la presente ordinanza conferma che “Al riguardo, va dato atto che, nelle more del giudizio di legittimità, è sopravvenuta la pronuncia n. 19597/2020, resa da questa Corte a Sezioni Unite, che ha affrontato le tematiche proposte dai ricorsi (o comunque agli stessi sottostanti) e che ha affermato il principio secondo cui “la disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell’ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l’applicazione dei decreti ministeriali di cui alla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 1, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; ne consegue che, in quest’ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dall’art. 2, comma 4, sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti. Dall’accertamento dell’usurarietà discende l’applicazione dell’art. 1815 c.c., comma 2, di modo che gli interessi moratori non sono dovuti nella misura (usuraria) pattuita, bensì in quella dei corrispettivi lecitamente convenuti, in applicazione dell’art. 1224 c.c., comma 1“; alla stregua di tale arresto nomofilattico, deve ritenersi che la valutazione di usurarietà vada compiuta anche con riferimento agli interessi di mora, ma che non possa essere parametrata al TSU individuato per gli interessi corrispettivi, bensì ad una “soglia” costituita dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori (come rilevata dai decreti ministeriali di cui alla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 1), moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dalla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4; con la precisazione che, in caso di accertata usurarietà del tasso contrattualmente previsto, gli interessi moratori non sono dovuti nella misura (usuraria) pattuita, bensì in quella dei corrispettivi lecitamente convenuti, in applicazione dell’art. 1224 c.c., comma 1”