DISCIPLINA DELLE RESTITUZIONI CONTRATTUALI NEI FINANZIAMENTI RATEALI
“Al giurista che si interroghi su quale sia il regime che governa le obbligazioni di restituzione che conseguono all’esercizio di un rimedio contrattuale, il codice civile offre all’art. 1463 c.c. un’indicazione che pare inequivoca: le prestazioni ricevute in forza di contratto vanno restituite «secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito». Questa regola, rafforzata dalla convinzione per cui nullità, annullabilità, rescissione e risoluzione generano tra le parti un effetto retroattivo idoneo a rimuovere alla radice il contratto di cui cancellano ogni traccia, ha indotto la dottrina ad affermare che poco importa se la prestazione da restituire fosse volta a dare adempimento ad un rapporto poi caducato, ovvero si presenti quale autonoma ed indebita attribuzione patrimoniale: a prescindere dal fatto che l’obbligazione non sia mai esistita, o venga successivamente a mancare, la prestazione va restituita in base alla disciplina della condictio indebiti” (Giappichelli – 2012 ISBN 9788834827 – pagg. 256).
La disciplina generale del pagamento dell’indebito è racchiusa nel Libro IV, Titolo VII, agli artt. 2033 ss. c.c. annoverando l’indebito tra quegli altri atti o fatti generativi di obbligazioni ex lege assieme all’arricchimento senza giusta causa ex art. 2041 c.c., e alla gestione di affari altrui ex artt. 2028 ss c.c.
Più nel dettaglio, la disciplina dell’indebito conosce una variante OGGETTIVA all’art. 2033 c.c. e, una SOGGETTIVA all’art. 2036 c.c.
L’art. 2033 c.c. sancisce che colui che abbia effettuato un pagamento non dovuto, ha diritto a ripetere tutto ciò che ha pagato maggiorato dagli interessi decorrenti dal MOMENTO DEL PAGAMENTO, se l’accipiens era in MALA FEDE, o dal MOMENTO DELLA DOMANDA nel caso di BUONA FEDE.
Nel rinviare all’articolo L’INDETERMINATEZZA CONTRATTUALE DEL SISTEMA “FRANCESE”, all’articolo È INEQUIVOCABILE CHE L’ART. 821 C.C. PRESCRIVE L’UTILIZZO DELLA FORMULA DEL PRINCIPIO DI EQUITÀ DEL REGIME SEMPLICE DELLA RATA COSTANTE POSTICIPATA e all’articolo IL SISTEMA FRANCESE DETERMINA IL REATO DI AUTORICICLAGGIO CON LA RESPONSABILITÀ PENALE DELL’INTERMEDIARIO EX D.LGS 231/2001, è indubitabile che i Bancari latu sensu quando concedono finanziamenti rateali sono in MALA FEDE perchè il loro dolo è provato “al di là di ogni ragionevole dubbio” ex art. 533, comma 1, c.p.p.: conseguentemente, gli interessi da pagare ai finanziati decorrono dal MOMENTO DEL PAGAMENTO e NON dal MOMENTO DELLA DOMANDA.
ALLE RESTITUZIONI CONTRATTUALI NEI FINANZIAMENTI RATEALI È APPLICABILE L’ART. 1284, COMMA 4, C.C.
L’art. 1284 c.c., in tema di “saggio degli interessi”, al IV comma prevede che “Se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”.
L’art. 1284 c.c., comma 4, è stato introdotto dal legislatore nel 2014 al fine di contenere gli effetti negativi della durata dei processi civili, riducendo il vantaggio, per il debitore convenuto in giudizio, derivante dalla lunga durata del processo, attraverso la previsione di un tasso di interesse più elevato di quello ordinario, dal momento della pendenza della lite: si tratta evidentemente di una disposizione (lato sensu “deflattiva” del contenzioso giudiziario), che ha lo scopo di scoraggiare l’inadempimento e rendere svantaggioso il ricorso ad inutile litigiosità.
Preliminarmente, quanto alla tempistica di applicazione del riformato art. 1284 c.c., comma 4, si legge nelle motivazioni dell’ordinanza della Corte di Cassazione del 28/03/2024 n. 8402 che “col terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 17 del d.l. n. 132/2014, come modificato dalla legge di conversione n. 162/2014, e dell’art. 1284 c.c., censurando la sentenza definitiva nella parte in cui ha precisato che il tasso degli interessi da applicare, “a far data dalla notifica dell’atto di citazione, sarà quello previsto dall’art. 1284, comma 4 c.c.”: rileva che tale norma non è applicabile ratione temporis, in quanto la modifica introdotta dal d.l. n. 132/2014 interessa – ex art. 17, co. 2 – i “procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” e, quindi, i giudizi promossi a partire dall’11.12.2014; con la conseguenza che non risulta applicabile al presente procedimento, avviato – in primo grado – nel dicembre 2010; il motivo è fondato: il tenore dell’art. 17, 2° co. d.l. 132/2014 non consente di dubitare che la (nuova) previsione del 4° co. dell’art. 1284 c.c. si applica ai procedimenti iniziati a partire dal trentesimo giorno dall’entrata in vigore della legge di conversione e il riferimento all’inizio del procedimento non può che essere inteso come avvio dello stesso in primo grado; ne consegue che erroneamente la Corte di Appello ha previsto l’applicazione del tasso di interesse “commerciale”.”
Inoltre, il riformato art. 1284 c.c., comma 4, ha posto dubbi circa i limiti della sua applicabilità, ossia se riguardi esclusivamente le obbligazioni derivanti da un rapporto giuridico di NATURA NEGOZIALE ovvero se possa estendersi anche alle obbligazioni RESTITUTORIE e RISARCITORIE.
È, dunque, opportuno verificare come la giurisprudenza si sia posta con riguardo a tale questione.
La Corte di Cassazione, con sentenza del 07/11/2018, n. 28409 ha escluso la sua applicabilità alle ipotesi di ATTO ILLECITO e alle obbligazioni derivanti da DISPOSIZIONI DI LEGGE. Infatti, secondo la Suprema Corte, già dall’incipit della norma emergerebbe la volontà di limitare la sua applicazione alle obbligazioni pecuniarie ossia quelle che trovano la loro fonte genetica nel CONTRATTO. Sul punto si legge in sentenza: “Difatti il cenno alla convenzione tra le parti sul punto lumeggia come la voluntas legis sia diretta a colpire l’inadempienza, rispetto ad un obbligo liberamente e pattiziamente assunto, anche mediante l’abuso del processo come mezzo per prolungare ai danni del creditore la soddisfazione del suo diritto. Quindi si deve concludere che la norma di cui all’art. 1284 c.c., comma 4, disciplina il saggio degli interessi legali – e come tali dovuti automaticamente senza necessità di apposita precisazione del loro saggio in sentenza – applicato a seguito d’avvio di lite sia giudiziale che arbitrale però in correlazione ad obbligazione pecuniaria che trova la sua fonte in un contratto stipulato tra le parti, anche se afferenti ad obbligo restitutorio. Viceversa in relazione alle obbligazioni pecuniarie derivanti dalle altre fonti indicate in art. 1173 c.c., detta disciplina non risulta applicabile poichè nemmeno in astratto è possibile ipotizzare un previo accordo tra le parti interessate circa il saggio d’interesse o le conseguenze dell’inadempimento… (…) … Deve quindi questa Corte affermare il seguente principio di diritto “il saggio d’interesse legale stabilito nella disposizione normativa presente nell’art. 1284 c.c., comma 4, trova applicazione esclusivamente quando la lite giudiziale ovvero arbitrale ha ad oggetto l’inadempimento di un accordo CONTRATTUALE anche in relazione alle relative OBBLIGAZIONI RESTITUTORIE”.
Analogamente, la Corte di Cassazione con la sentenza 09/05/2022, n. 14512, ha ribadito che la regola generale, prevista dal comma IV dell’art. 1284 c.c., trova applicazione solo con riguardo alle obbligazioni di fonte CONTRATTUALE, atteso che “rappresenta una chiara eccezione prevista esclusivamente per l’ipotesi in cui gli interessi costituiscano accessorio di un debito nascente da un negozio giuridico, con la conseguenza che essa non si applica all’indennizzo per irragionevole durata del processo, che non ha fonte negoziale (MASSIMA – Fonte Giustizia Civile Massimario 2022)”.
Nel rinviare all’articolo CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA DEL 03-01-2023 N. 61, gli ermellini hanno affermato, in sintesi, che la mera azione di RIPETIZIONE DELL’INDEBITO esperita dal correntista, per ottenere la restituzione di importi illegittimamente trattenuti dalla propria banca sulla base di clausole contrattuali nulle, costituisce un’azione restitutoria che trova la sua base nel rapporto CONTRATTUALE tra istituto di credito e cliente. Infatti, si tratta di un’azione restitutoria relativa all’inadempimento di un accordo contrattuale e, di conseguenza, il relativo credito resta assoggettato alla disposizione di cui all’art. 1284, IV comma c.c.
In particolare, si legge nell’ordinanza della Cassazione del 03/01/2023 n. 61 “… (…) … che la disposizione di cui all’art. 1284 c.c., comma 4, individua il TASSO LEGALE degli interessi, in linea generale, per TUTTE le obbligazioni pecuniarie (salvo diverso accordo delle parti e salva diversa espressa previsione di legge), per il periodo successivo all’inizio del processo avente ad oggetto il relativo credito, fino al momento del pagamento … (…) … che prescinde dalla NATURA dell’obbligazione dedotta in giudizio e che si pone in identici termini per le obbligazioni derivanti da rapporti contrattuali come per tutte le altre … (…) … che tale articolo non contiene alcuna espressa limitazione di applicabilità delle sue disposizioni a solo alcune categorie di obbligazioni … (…) … che “il saggio d’interesse legale stabilito nella disposizione normativa presente nell’art. 1284 c.c., comma 4, trova applicazione esclusivamente quando la lite giudiziale ovvero arbitrale ha ad oggetto l’inadempimento di un accordo contrattuale anche in relazione alle relative obbligazioni restitutorie”… (…) … che, con tale ultima precisazione, si sia inteso fare riferimento (quanto meno) alle obbligazioni restitutorie derivanti dalla eventuale invalidità di un contratto o di determinate clausole contrattuali che abbiano dato luogo a prestazioni rimaste prive di causa (cd. condictio ob causam finitam) … (…) … Per quanto emerge dagli atti, infatti, si tratta del credito al pagamento del saldo attivo di un rapporto bancario in conto corrente, in favore del correntista, quindi di un credito certamente di fonte negoziale, in quanto esso trova titolo nel rapporto contrattuale tra banca e cliente. Il fatto che alla base della (ri)determinazione del predetto saldo vi sia stato il riconoscimento della illegittimità di una serie di addebiti effettuati dalla banca sul conto non muta certamente tale natura. In ogni caso, per quanto più sopra esposto, deve ritenersi che anche la mera azione di ripetizione di indebito eventualmente esperita dal correntista per ottenere la restituzione di importi illegittimamente trattenuti dalla banca sulle sue disponibilità, sulla base di clausole contrattuali dichiarate nulle, costituirebbe, comunque, un’azione restitutoria che trova la sua base nel rapporto contrattuale tra banca e cliente (condictio ob causam finitam), cioè si tratterebbe, in ogni caso, di un’azione restitutoria relativa all’inadempimento di un accordo contrattuale, di modo che, persino in base all’indirizzo più restrittivo richiamato dalla corte d’appello (ed il cui fondamento non si condivide, come già chiarito), il relativo credito resterebbe comunque assoggettato alla disposizione di cui all’art. 1284 c.c., comma 4. In altri termini, anche a volere, solo per un momento, ritenere condivisibile l’indirizzo fatto proprio dalla corte d’appello e da cui più sopra si sono prese le distanze, la conclusione conforme a diritto, nel caso di specie, non avrebbe potuto essere quella cui la stessa corte d’appello è giunta, ma quella esattamente contraria, cioè quella dell’applicabilità del TASSO LEGALE degli interessi moratori successivi all’inizio del processo di cui all’art. 1284 c.c., comma 4 … (…) ….”
L’ordinanza della Cassazione del 03/01/2023 n. 61 è stata richiamata nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Milano del 19/04/2023 n. 1283 che ha stabilito che “La disposizione di cui all’art. 1284, comma 4, c.c., individua un tasso legale degli interessi applicabile, in linea generale, a tutte le obbligazioni pecuniarie (salvo diverso accordo delle parti e salva diversa espressa previsione di legge), per il periodo successivo all’inizio del processo avente ad oggetto il relativo credito, fino al momento del pagamento. La disposizione di cui all’art. 1284, comma 4, c.c. è quindi applicabile, stante il suo carattere generale immediatamente desumibile dalla sua collocazione sistematica e dalla sua ratio, alle obbligazioni di ogni natura, tanto se derivanti da contratti o negozi giuridici, quanto se derivanti da fatti illeciti o altri fatti o atti idonei a produrle”.
L’ordinanza della Cassazione del 03/01/2023 n. 61 NON è stata osservata dalla sentenza della Corte d’Appello di Venezia del 01/02/2023 n. 232 che ha, invece, stabilito per una azione di RIPETIZIONE DELL’INDEBITO esperita dal correntista che la norma dell’art. 1284, comma 4, c.c. “trova applicazione per i soli crediti di natura contrattuale, e non anche per quelli sorti ex lege, quale il credito per la ripetizione di un indebito oggettivo. Ciò si desume dall’espresso richiamo alla disciplina delle transazioni commerciali, che per l’appunto concerne i crediti che hanno fonte nel contratto. Solo con riferimento ai crediti contrattuali può infatti estendersi la ratio della disciplina speciale, volta a contrastare, con la mora automatica e l’elevato saggio d’interesse, i ritardi nei pagamenti, in considerazione del pregiudizio arrecato al sistema economico dalla prassi, invalsa tra le imprese, di ritardare l’adempimento per trattenere e beneficiare della liquidità”.
La sentenza della Corte d’Appello di Venezia del 01/02/2023 n. 232 si pone in continuità con l’ordinanza della Corte di Cassazione, n. 36595 del 14/12/2022 che, senza riferirsi alla norma dell’art. 1284, comma 4, c.c., ha stabilito che “Gli interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002 svolgono, come tutti gli interessi che appartengono a tale categoria, una funzione deterrente e risarcitoria nei confronti del debitore inadempiente in relazione ad una predeterminata transazione commerciale caratterizzata dal mancato pagamento del corrispettivo pattuito. La loro finalità e la loro stessa peculiare disciplina (automaticità, termine di decorrenza legato tendenzialmente alla scadenza dell’obbligazione, etc.) sono, con evidenza, estranei all’azione di RIPETIZIONE DELL’INDEBITO, fattispecie diversa che ricorre allorquando un soggetto, sia esso o meno un imprenditore commerciale, esegua un pagamento in difetto di una causa giustificativa e chiami in giudizio l’accipiens per la restituzione di quanto da questi indebitamente percepito (come nel caso di specie, in cui la (…) ha chiesto la ripetizione di quanto indebitamente pagato a titolo di interessi anatocistici, commissioni di massimo scoperto, somme versate per l’acquisto di strumenti finanziari derivati affetti da nullità). Ne’ la circostanza che entrambe le parti dell’azione di ripetizione dell’indebito possano eventualmente appartenere alla categoria degli imprenditori commerciali (uno dei requisiti previsti dal D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 2) costituisce un elemento sufficiente, in difetto degli altri, per ritenere comunque applicabile la normativa di cui al presente motivo”.
COME SI DEVE APPLICARE IL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ARTT. 1224 E 1284 CODICE CIVILE
Nel rinviare all’articolo IL TASSO DI MORA APPLICABILE EX ART. 1224 C.C. IN CASO DI RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI FINANZIAMENTO RATEALE e all’articolo CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA DEL 03-01-2023 N. 61, gli ermellini hanno affermato in questa ordinanza che “… (…) … si deve tenere conto del fatto che le previsioni di cui all’art. 1224 c.c. hanno ad oggetto il TASSO DI MORA nelle obbligazioni pecuniarie, cioè il tasso di interessi applicabile, in tale categoria di obbligazioni, dal giorno della mora (che può ovviamente essere anteriore a quello di inizio del processo), mentre l’art. 1284 c.c., comma 4, riguarda invece solo il TASSO DEGLI INTERESSI DI MORA per il periodo successivo all’inizio del processo: le due disposizioni hanno, quindi, un campo di applicazione differente, il che esclude che possano essere una la duplicazione dell’altra.
Basti considerare che, se le parti avessero previsto un TASSO DI INTERESSE DI MORA superiore al TASSO LEGALE ORDINARIO (cioè a quello dell’art. 1284 c.c., comma 1), ma inferiore a QUELLO CD. COMMERCIALE, in mancanza della clausola di salvezza prevista nella parte iniziale dell’art. 1284 c.c., comma 4, dovrebbe operare QUELLO FISSATO DALLE PARTI per il periodo di mora anteriore al processo e, poi, quello dell’art. 1284 c.c., comma 4, per il periodo del processo: in base all’incipit dell’art. 1284 c.c., comma 4, invece, se vi è un accordo delle parti sul TASSO DI MORA, va applicato tale tasso, anche dopo l’inizio del processo.
3.1.2 D’altra parte, trattandosi di norme con campi di applicazione differenti (come già osservato, l’art. 1224 c.c. disciplina il TASSO DEGLI INTERESSI dal giorno della mora, anche se anteriore all’inizio del processo, mentre l’art. 1284 c.c., comma 4, QUELLO del solo periodo successivo all’inizio del processo), deve ritenersi comunque ragionevole che nell’art. 1284 c.c., comma 4, si sia inteso specificare e ribadire espressamente (con riguardo al suo specifico campo di applicazione) che la volontà delle parti in ordine alla determinazione del TASSO DEGLI INTERESSI DI MORA prevale sul TASSO LEGALE di regola previsto per il periodo di tempo successivo all’inizio del processo, senza che questo debba necessariamente intendersi come un riferimento ad un particolare e limitato campo di applicazione della disposizione, idoneo a circoscriverne non solo i presupposti, ma soprattutto lo stesso ambito … (…) …”.
SI DETERMINA L’APPLICAZIONE DELL’ART. 1284, COMMA 4, C.C. NEL PROCESSO DI COGNIZIONE E NON NEL PROCEDIMENTO ESECUTIVO
Con la sentenza di Cassazione del 23/04/2020, n. 8128, i giudici di legittimità hanno affermato che, in tema di ESECUZIONE FORZATA fondata su titolo esecutivo giudiziale, il giudice dell’esecuzione non ha poteri di cognizione e di accertamento dei fatti, ma deve limitarsi ad attuare il comando contenuto nel titolo esecutivo. In altre parole, si legge nella MASSIMA – Fonte Guida al diritto 2020, 31, 74 – che “laddove il giudice della cognizione non abbia egli stesso accertato e statuito che alla fattispecie concreta è applicabile una norma di legge speciale che eventualmente regoli la misura degli interessi legali in maniera difforme da quella generale, non potrà in nessun caso farlo in sua vece il giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo dovrà quindi limitarsi a riconoscere in favore del creditore gli interessi dovuti nella misura prevista dalla norma generale codicistica. (Nella specie, ha osservato la Suprema corte, il titolo esecutivo – costituito da decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo -, aveva previsto esclusivamente la corresponsione degli interessi legali, senza alcuna ulteriore specificazione che consentisse di ritenere che il giudice che lo aveva emesso avesse inteso riferirsi specificamente agli interessi moratori per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali di cui al decreto legislativo n. 231 del 2002)”.
Con la sentenza di Cassazione del 04/08/2023, n. 23846, i giudici di legittimità hanno ribadito che, in tema di ESECUZIONE FORZATA fondata su titolo esecutivo giudiziale, il giudice dell’esecuzione non ha poteri di cognizione e di accertamento dei fatti, ma deve limitarsi ad attuare il comando contenuto nel titolo esecutivo. In altre parole, si legge nella MASSIMA – Fonte Giustizia Civile Massimario 2023 – che “Se il titolo esecutivo giudiziale non specifica la natura degli interessi legali liquidati, in sede di esecuzione forzata occorre necessariamente far riferimento al tasso ex art. 1284, comma 1, c.c., restando esclusa l’applicabilità dell’art. 1284, comma 4, c.c.”.
Nel rinviare all’articolo CASSAZIONE CIVILE SEZIONI UNITE, SENTENZA DEL 07-05-2024 N. 12449, preliminarmente si evidenzia che gli Ermellini hanno stabilito che con l’espressione “interessi legali”, in assenza di specificazione, deve intendersi la misura degli interessi prevista dal primo comma dell’art. 1284 c.c. e NON quella da utilizzarsi nelle transazioni commerciali di cui al quarto comma dell’art. 1284 c.c..
Ulteriormente, le Sezioni Unite con la sentenza del 07/05/2024 n. 12449 hanno ribadito che è il giudice di COGNIZIONE che deve “svolgere l’accertamento, propriamente giurisdizionale, di corrispondenza della fattispecie concreta a quella astratta di spettanza degli interessi maggiorati. Il giudizio sussuntivo, risolutivo sul punto della controversia, ricade nell’attività di cognizione, che fonda il titolo esecutivo giudiziale e che deve necessariamente essere svolta ai fini del provvedimento da emettere sulla domanda”. Conseguentemente, il giudice dell’ESECUZIONE, davanti ad un titolo esecutivo giudiziale, non ha poteri di cognizione e, quindi, deve limitarsi a dare attuazione al comando contenuto nel titolo, realizzando così un’attività meramente esecutiva. Al giudice dell’ESECUZIONE è, infatti, preclusa qualsiasi attività di integrazione.
Per le ragioni sovraesposte, per la sentenza della Cassazione Civile Sez. Unite del 07/05/2024 n. 12449 la mera indicazione nel titolo degli “interessi legali” è inidonea ad integrare il citato accertamento giurisdizionale. Ne deriva che, se il titolo è silente, il creditore non può conseguire in sede esecutiva il pagamento di “interessi legali maggiorati”, quali quelli previsti dal quarto comma dell’art. 1284 c.c. (stante l’impossibilità del giudice dell’ESECUZIONE di integrare il titolo), ma deve ricorrere al rimedio dell’impugnazione.